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geas vs faenza

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Alcune riflessioni sulla riforma Gelmini 2

Eutanasia dell’Un iversità di Ugo Arrigo* Lega e PdL stanno provando a far approvare a tamburo battente la riforma Gelmini dell’Università. Poiché le regole parlamentari non permettono di approvare leggi di spesa quando è aperta una sessione di bilancio, e quindi sino alla definitiva approvazione della Finanziaria al Senato, pur di far avanzare il provvedimento i parlamentari della maggioranza hanno accettato di espurgare il testo di 34 emendamenti, da loro stessi approvati nella precedente lettura, che richiedevano maggiori esborsi finanziari. La riforma Gelmini arriva dunque nuda alla meta, priva di risorse finanziarie che non erano aggiuntive rispetto agli stanziamenti storici ma solo un ripristino parziale dopo il passaggio delle forbici di Tremonti sui fondi per gli atenei. Valeva la pena adottare questa strategia esclusivamente per poter dire di aver fatto una riforma? Q UA N D O fu presentato il progetto, un anno fa, scrissi su questo giornale che esso aveva quattro difetti rile

Alcune considerazioni sulla riforma Gelmini

di Caterina Perniconi “Questa riforma è un bel disastro”. E se a dirlo è Giorgio Parisi, uno dei più autorevoli fisici viventi, padre della “teoria del caos”, c’è di che preoccuparsi. Sessantadue anni, professore all’Università La Sapienza di Roma, la scorsa settimana ha ricevuto la medaglia Max Planck per i suoi studi, riconoscimento ricevuto nella storia da scienziati del calibro di Albert Einstein ed Enrico Fermi. In Italia potremmo non avere più un Giorgio Parisi. Perché gli studenti migliori ormai portano il loro cervello all’estero, e non riescono a rientrare nel sistema universitario. Che con questa legge non cambierà in meglio. Professore, l’Italia ha bisogno di una riforma dell’Università. Perché non questa? É vero, c’è una grande necessità di cambiamento. Ma nella direzione contraria a quella in cui va questa legge. Cioè? La prima cosa da fare è valutare gli atenei. Noi conosciamo la situazione a macchia di leopardo, alcune eccellenze, altre situazioni dissestate. Ma non abbi

a proposito di incompatibilità

L'onorevole Granata ha pubblicato questo elenco di incompatibilità con il modo di gestire la politica dell'attuale maggioranza e del suo "capo" credo valga la pena di riflettere sulle considerazioni che lui fa in modo molto circostanziato e chiaro (come purtroppo non si può leggere sulla stampa o ritrovare nei telegiornali). nel suo stile sobrio e elegante, a chi gli "All'inizio fu Urbani a chi gli chiedeva come avrebbe potuto giudicare Fabio Granata da probiviro, replicava sottolineando una profonda incompatibilità culturale nei confronti del Pdl. Ieri il documento partorito dall’ufficio politico del partito di Silvio Berlusconi ha utilizzato lo stesso concetto per sottolineare le “colpe” di Gianfranco Fini oltre che per motivare (si fa per dire…) il mio deferimento insieme a quello di Italo Bocchino e Carmelo Briguglio. Se la mente corre agli ultimi mesi riesce con facilità ad individuare questa incompatibilità. Siamo incompatibili con un partito che esprim

Il coerente

Citazione tratta dal Corriere della sera del 25 settembre 1991 "Non è neppure il caso di avviare una discussione sulla morale fiscale di un governo che fa ora ciò che appena ieri ha fermamente escluso, perchè immorale.E' piuttosto il caso di passare oltre, per vedere se un condono fatto in questo modo e in questo momento sia soltanto una scelta di cinismo fiscale, per tirare a campare, o qualche cosa di più o di peggio:una scelta di suicidio fiscale.Ebbene, ragionando sulle evidenze è chiaro che si tratta di una scelta del secondo tipo.Per la massa enorme degli evasori le probabilità di essere verificati sono minime (lo dicono le Finanze), le conseguenti liti tributarie si possono tirare in lungo senza costo (lo dicono ancora le Finanze), infine i condoni sono cadenzati ogni decennio:73m82,91. Vuol dire che il rapporto fiscale si basa su questa ragione pratica: farla franca, confusi tra milioni di evasori;farla lunga, coltivando con calma la lite;farla fuori, con poche lire di

per quelli che "così potremo parlare liberamente senza paura di essere intercettati"

di Antonella Mascali I giornalisti potranno pubblicare opinabili riassunti di atti processuali, mai delle intercettazioni se non dopo anni. A rischio anche riprese e registrazioni dei processi. Ma questi problemi, la stampa potrebbe non averli perché il pericolo è che non ci sarà nulla da scrivere. La legge è una ferita mortale per le indagini: le intercettazioni hanno consentito di identificare mafiosi insospettabili, loro complici, corrotti, stupratori, omicidi. Gravi indizi di reato Un pm può intercettare, se ci sono g ra v i indizi di reato ma con la nuova legge, solo se a carico dell’indagato ha già raccolto elementi di prova: nel testo c’è un riferimento all’articolo 192 del codice che regola l’accertamento di responsabilità di un imputato già sotto processo. Si snatura così lo strumento che serve a trovare il colpevole. I 75 giorni Macchinosa l’autorizzazione: non è più del gip ma del Tribunale distrettuale, formato da 3 giudici. Il pm insieme con la richiesta di autorizzazione,

Il Paese Faina che disprezza l'università

Il paese faina che disprezza l'università di Antonio Scurati Nel silenzio più totale, nell’indifferenza generale, è in discussione in Parlamento un disegno di legge di riforma dell’università da cui dipenderà il futuro del nostro Paese. Lo scopo dichiarato dai riformatori (il governo) è di ridurre gli sprechi e razionalizzare le risorse, la conseguenza reale sarebbe - stando agli oppositori (quasi l’intero mondo accademico) - di condurre il sistema universitario pubblico al collasso nel giro di pochissimi anni. Il sistema universitario ha le sue colpe, ed è scarsamente difendibile, ma la cura sarebbe, in questo caso, un’eutanasia mascherata. Chi ha ragione? E’ una battaglia tra riformisti e conservatori, tra risanatori e difensori di privilegi corporativi, oppure tra difensori dell’università pubblica e suoi curatori fallimentari? «Senza alcun onere aggiuntivo». La risposta sta tutta in questa formula burocratica, una formula che ricorre più di venti volte nel testo di legge pe

Il Paese Faina che disprezza l'università

Il paese faina che disprezza l'università di Antonio Scurati Nel silenzio più totale, nell’indifferenza generale, è in discussione in Parlamento un disegno di legge di riforma dell’università da cui dipenderà il futuro del nostro Paese. Lo scopo dichiarato dai riformatori (il governo) è di ridurre gli sprechi e razionalizzare le risorse, la conseguenza reale sarebbe - stando agli oppositori (quasi l’intero mondo accademico) - di condurre il sistema universitario pubblico al collasso nel giro di pochissimi anni. Il sistema universitario ha le sue colpe, ed è scarsamente difendibile, ma la cura sarebbe, in questo caso, un’eutanasia mascherata. Chi ha ragione? E’ una battaglia tra riformisti e conservatori, tra risanatori e difensori di privilegi corporativi, oppure tra difensori dell’università pubblica e suoi curatori fallimentari? «Senza alcun onere aggiuntivo». La risposta sta tutta in questa formula burocratica, una formula che ricorre più di venti volte nel testo di legge pe

Ma siamo completamente andati o possiamo nutrire qualche speranza?

In questi giorni leggiamo con sempre maggiore sorpresa le cronache legate alla cosiddetta vicenda Scaloia. A dare retta ai giornali (per la verità ai giornali che non appartengono alla sfera di controllo diretto del nostro primo ministro) il Ministro Scaloia oltre ad essere una persona poco affidabile dal punto di vista del ruolo istituzionale, sarebbe anche un perfetto emblema o dell'arroganza e della sensazione di assoluta intoccabilità del potere, o, forse peggio, di una stupidità davvero incredibile. Vediamo i fatti come sono raccontati con una piccola premessa di merito. Una delle cose che comunque colpiscono è la difesa di Silvio Berlusconi, che non solo ha manifestato solidarietà umana e politica allo Scaloia, ma addirittura se ne uscito con un'affermazione che suona da presa per i fondelli per tutti gli italiani "finirà con lo sgonfiarsi come quella vicenda che ha coinvolto Bertolaso". Ora, poichè il capo del governo sa benissimo che la vicenda non si è sgonfi

La scarsa memoria di Cicchitto e di Minzolini

Ringrazio l'amico Giovanni Scirocco che da buon storico ha rintracciato un articolo di qualche anno fa, scritto dall'attuale direttore rai Augusto Minzolini (allora alla Stampa) che riporta un'intervista all'allora rientrante in politica Fabrizio Cicchitto (oggi uomo di punta del partito delle libertà). Riprendo quell'articolo mentre i due, passati un po' di anni, dimentichi delle cose scritte in questo articolo celebrano il profilo morale della stessa persona di cui pochi anni fa scrivevano cose dramamticamente pesanti e circostanziate. Scarsa memoria? Voltagabbanismo? Disonestà? a voi l'ardua (?) sentenza. Pubblicazione: 19-11-1993, STAMPA, TORINO, pag.7 Sezione: Interno Autore: MINZOLINI AUGUSTO IL CASO Politica e massoneria Cicchitto: ROMA NON ne parliamo. Sono stato davvero un idiota. E' stata una grande stupidaggine. Ho pensato di iscrivermi a quella loggia come ci si iscrive al Rotary, ai Lions. Cosi' quando e' scoppiato

ma si possono fare riflessioni sullo stato dell'economia in Italia?

Dal Fatto quotidiano 10 Gennaio 2010 La crisi e il ritorno agli anni Ottanta di Vladimiro Giacché* La notizia è di fine dicembre, e la maggior parte dei giornali l’ha confinata in poche righe. Ma avrebbe meritato maggiore attenzione: il servizio studi della Banca d’Italia, in una ricerca sulla crisi internazionale e il sistema produttivo italiano, ha fatto piazza pulita di tutte le fandonie di questi mesi sulla presunta buona tenuta della nostra economia. Con queste parole: “Rispetto ai massimi toccati all’inizio del 2008, nel secondo trimestre dell’anno in corso l’in - dice della produzione ha segnato una diminuzione cumulata prossima al 25 per cento, con il risultato che, nella scorsa primavera, il volume delle merci prodotte si era riportato al livello della metà degli anni Ottanta. Nella media dell’area e nei suoi principali paesi, il calo è stato inferiore. Misurato in termini di trimestri persi, cioè di quanto indietro nel tempo sono tornati i livelli della produzione, la maggior