Alcune considerazioni sulla riforma Gelmini

di Caterina Perniconi
“Questa riforma è un
bel disastro”. E se a
dirlo è Giorgio Parisi,
uno dei più autorevoli
fisici viventi, padre
della “teoria del caos”, c’è di
che preoccuparsi.
Sessantadue anni, professore
all’Università La Sapienza di
Roma, la scorsa settimana ha
ricevuto la medaglia Max
Planck per i suoi studi, riconoscimento
ricevuto nella
storia da scienziati del calibro
di Albert Einstein ed
Enrico Fermi.
In Italia potremmo non avere
più un Giorgio Parisi. Perché
gli studenti migliori ormai
portano il loro cervello all’estero,
e non riescono a rientrare
nel sistema universitario.
Che con questa legge
non cambierà in meglio.
Professore, l’Italia ha bisogno
di una riforma dell’Università.
Perché non questa?
É vero, c’è una grande necessità
di cambiamento. Ma nella
direzione contraria a quella
in cui va questa legge.
Cioè?
La prima cosa da fare è valutare
gli atenei. Noi conosciamo
la situazione a macchia
di leopardo, alcune eccellenze,
altre situazioni dissestate.
Ma non abbiamo un
quadro globale.
Eppure la Gelmini dice
che la riforma premia il
merito.
Veramente l’Anvur (l’A ge nzia
nazionale per la valutazione
universitaria, ndr) varata
dal governo Prodi non è ancora
in funzione. E poi nella
prima stesura del provvedimento
ho letto 23 volte le parole
“ministero dell’E c o n omia”.
Ma che c’e n t ra ?
È un modo per chiarire
chi comanda?
Gli dà un peso troppo alto.
Addirittura la riforma dice
che chi non è in regola col
bilancio non può fare sperimentazione.
Ma che significa?
Semmai deve avere meno
soldi, ma è proprio con la
sperimentazione che si possono
ottenere risultati, e far
abbassare il deficit. Hanno
sbagliato tutto.
Cos’a l t ro ?
C’è un emendamento, per
esempio, in cui si dice che le
medaglie olimpiche possono
valere come esami in determinate
facoltà. Ma perché
una legge che contiene principi
generali deve per forza
accontentare tutte le volontà
personali? Gli istituti superiori
di educazione fisica valuteranno
da soli quanto valgono
le medaglie e se vogliono
pure gli scudetti. Non sono
queste le riforme che servono.
Ma danno l’idea di come
questo governo vuole fare
le leggi.
Quindi condivide la protesta
dei ricercatori?
Reputo la protesta giustissima.
La legge è fatta sulla loro
pelle e su quella di chi è andato
all’estero. In solidarietà
con loro, lunedì farò una lezione
sul tetto della facoltà di
Fisica alla Sapienza.
Poi c’è la questione precari.
Lei è favorevole o contrario
alla cancellazione
della terza fascia docente
e i contratti a tempo determinato
per i ricercatori?
In linea di principio non era
sbagliato. Ti assicuro
un contratto di 6
anni, nel frattempo
accantono i
soldi per assumerti
e se la valutazione
finale che otterrai
sarà positiva
puoi entrare
nell’Univer sità.
Altra cosa è farti
lavorare 6 anni,
con un contratto
che costa meno,
sapendo già che non
ci saranno i soldi per assumer
ti.
Infatti l’emendamento
che prevedeva l’a c c a n t onamento
è stato cancellato.
Sapere che se hai fatto bene
verrai premiato non è un
problema. La precarietà loC’è molta differenza di
considerazione tra i giovani
fisici di via Panisperna e
gli studenti di oggi. I ragazzi
che incontra sono
p re o c c u p a t i ?
L’altro giorno uno di loro,
che si è laureato con me, ha
detto di non aver intenzione
di fare il dottorato perché in
Italia non è riconosciuto e
perderebbe solo 3 anni senza
avere sbocchi.
Il rischio è quello che resti
solo chi se lo può permett
e re ?
Ci sarà una fortissima selezione
sul censo.
Quanti studenti e scienziati
eccellenti si perderanno
in questo modo?
Non mi preoccupano gli eccellenti,
loro se la caveranno,
sicuramente andando all’estero.
Mi preoccupano tutti
coloro che hanno grandi capacità
e che altrove farebbero
ricerca ma che nel nostro
paese saranno fatti fuori. Se
ci sarà un Mozart emergerà,
ma non potrà più suonare
perché gli mancheranno gli
o rch e s t ra l i .
Qual’è la conseguenza
peggiore della riforma?
L’ingresso nei Consigli d’a mministrazione
di persone
esterne. Se non si capisce
chi sono la procedura può
diventare un disastro. Le
Asl lo sono perché nei loro
Cda è entrata la politica.
Ha maggior timore
delle conseguenze dell’ingresso
della politica
nei cda o dei privati che
possono indirizzare la ric
e rc a ?
I privati possono mettere i
ricercatori a servizio della
produzione, e a rimetterci sarebbe
la ricerca di base, quella
che permette i veri progressi
nel lungo periodo. Ma
la spartizione politica è quella
che temo di più.

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